BWW Reviews: America, il musical

By: Nov. 05, 2013
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Per me è un NI!


Frutto della collaborazione tra il M° Guido Cataldo e il performer Simone Sibillano (qui anche in veste di autore e regista), AMERICA - IL MUSICAL è il secondo sforzo produttivo della giovane GiuliaEventi che ho finalmente modo di recensire dopo aver assistito alla première romana di qualche settimana fa.

Per capire fin da subito il modo con cui ho deciso di procedere in questa recensione è bene mettere in chiaro una cosa: lo spettacolo - un docu-musical sull'emigrazione italiana di inizio Novecento - facendo, lecitamente, leva sul "fattore emozionale" tocca il cuore di chi, come me, ha e va fiero delle proprie radici Meridionali che, per un motivo o per un altro, è stato "costretto" ad abbandonare. Queste essendo le premesse, posso serenamente dire che lo spettacolo nel complesso mi ha colpito positivamente. Tuttavia, presenta alcuni difetti che non ho potuto fare a meno di notare... da qui in poi, dunque, cercherò di essere quanto più scientifico possibile.

Sinossi. La trama dell'opera, ispirata a vicende e testimonianze di quanti vissero il flusso migratorio del secolo passato, è incentrata sul viaggio di un gruppo di emigranti italiani che, provenendo da diverse città dell'Italia Meridionale, nel 1912 si imbarcarono alla volta di un'America tanto lontana quanto ideale, in cerca di lavoro e di futuro.
Seguendo il ritmo scandito del viaggio, lo spettacolo si scompone in tre parti perfettamente integrate tra loro accompagnando così il pubblico in un percorso emotivo crescente ed emozionante.
L'inizio dell'opera è ambientato nei paesi del Sud Italia, mostrando frammenti di vita quotidiana del tempo, ponendo in luce le difficoltà sociali e il tormentato rapporto di amore-odio tra una terra madre ormai sterile e ingenerosa e i sui figli, futuri emigranti.
In una simile realtà fatta di povertà, frustrazione e pregiudizio, continuano tuttavia a sopravvivere sogni di speranza, segni di una indomita volontà a non soccombere e cercare nuovi inizi.
Le storie dei diversi personaggi, ciascuno con un proprio passato e un personale bisogno di futuro, si intrecciano come la trama di un unico tessuto: spinto dalle proprie ragioni giunge ognuno al porto, per abbandonare la sua terra, la sua casa.
Così, nella seconda parte dell'opera, sul ponte di terza classe di una nave diretta in America, le molte storie divengono una storia nuova, che incrocia i destini di uomini e donne segnando e ridisegnando i confini del loro avvenire. Il racconto di una traversata per mare che unisce mondi lontani, verso un domani che ciascuno colora delle proprie luminose aspettative.
Infine (terza parte) l'approdo ad Ellis Island, piccola isola alle porte di New York, centro di accoglienza per tutti i migranti.
Il sogno lascia spazio ad una realtà dura e complessa, distante dall'illusione di un ritrovato paradiso: lo smistamento all'arrivo, l'impiego forzato come bassa manovalanza, gli alienanti ritmi della grande città stringono i protagonisti nella morsa schiacciante di una impossibilità senza via di scampo.
Eppure con determinazione, cooperazione, talento e speranza mai sopita, molti riusciranno a conquistare quella vita così ardentemente sognata al di là del mare, sebbene non a tutti l'America riserverà un lieto fine.
(fonte: sito web della produzione)

Il primo appunto riguarda le scelte operate a livello drammaturgico-registico. Trovata interessante quella di rendere il musical uno spettacolo corale: non si è voluto dare voce ad un singolo personaggio né - se vogliamo - ad uno sparuto gruppo di emigranti ma ad un intero popolo in movimento, ieri come oggi. Non altrettanto condivisibile è il tentativo di affrontare - all'interno della già complessa macro-tematica dell'emigrazione - altre situazioni quali l'omosessualità, la vedovanza, la violenza sulle donne, l'impossibilita di avere figli etc. Tutti questi argomenti, in due ore e poco più di spettacolo, non riescono a venire approfonditi come meriterebbero e risultano per lo più abbozzati o lasciati in sospeso, con la sola eccezione della love story tra i due protagonisti Bartolomeo (Simone Sibillano, più convincente nel canto che non nella recitazione) e Bianca (Valeria Monetti, sicuramente più a suo agio in questo ruolo piuttosto che in quello di Anna Goeldi). Tra gli esempi più lampanti abbiamo la figura di Madre Cabrini (Chiara Materassi), importante ma non sviluppata a sufficienza; quella di Amalia Allevi, al cui rapporto incestuoso con il padre non viene dato abbastanza spazio; lo stesso dicasi della coppia omosessuale dall'epilogo malinconico ma romantico. Riconosco l'intento "nobile" di soffermarsi su problematiche delicate come queste ma, a mio avviso, specialmente in un musical a coralità forte come AMERICA, sarebbe stato meglio concentrarsi su poche cose concedendosi la possibilità di approfondirle a dovere e dare delle risposte a degli interrogativi che qui rimangono poco chiari.

A togliere spazio e tempo a un esaustivo dipanamento delle varie trame v'è l'imponente partitura di Guido Cataldo che - pur regalando dei bei momenti di poesia in musica - andrebbe senz'altro sfoltita per non risultare troppo "opprimente," specialmente alle orecchie di chi non mastica bene il napoletano. Accanto ai momenti di grande patos - come la ballata Terra, terra mia affidata a Sibillano o il vibrante opening number intonato dalla splendida voce di Paola Fareri per poi sfociare in un potente coro - e accanto ai brani che, gioco-forza, sono essenziali all'economia dello spettacolo, si potrebbe trovare posto (in punti strategici) per due o tre numeri più "leggeri" al fine di stemperare la tensione emotiva accumulata nel corso della pièce.

Altra e ultima nota di demerito riguarda la scenografia o, meglio, volendo essere più specifico: il boccascena. Lo stile e i colori dati alle sagome di valige, borse e bauli che incorniciano l'azione scenica hanno un sapore troppo "cartoonesco" che mal si sposa con le atmosfere realistiche (nell'accezione più verghiana del termine) dello spettacolo.

Molto d'impatto i movimenti scenici di Chiara Materassi: la sofferenza, la rabbia, la nostalgia e la stessa coralità si riversano nei semplici gesti (ad es. il segno della croce) che danno voce ai sentimenti del gruppo.

In scena spiccano senz'altro la già citata Paola Fareri, che ci offre una performance forte e magnetica nel ruolo dell'orfana Maria Esposito, e Angelo Barone, che interpreta magistralmente il tenero Davide Fiore - ragazzo affetto dalla sindrome di Down che viaggia insieme alla sorella (l'altrettanto degna di nota Giorgia Arena) - senza mai cadere nella macchietta. Chiudono un cast di livello medio-alto, la cui preparazione pressoché uniforme è coerente con la struttura corale dello spettacolo: Jacopo Bruno, Nico Colucci, Annalisa d'Ambrosio, Antonella Giuliani, Arianna Logreco, Mario Moretti, Luigi Nardiello, Stefania Paternò, Laura Pucini, Roberto Rossetti, Paky Vicenti e Claudio Zanelli.



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