BWW Reviews: 'TEEN DANTE - farei parlando innamorar la gente'

By: Oct. 05, 2015
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Sull'onda del settecentocinquantesimo anniversario della nascita di Dante Alighieri la regista (qui anche sceneggiatrice) Mariella Zanetti e il compositore Giovanni Santini hanno deciso di scrivere un musical dall'improbabile titolo "TEENDANTE", che racconta la vita del giovane Dante Alighieri (cioè il Dante dell'epoca della "Vita Nova"), andato in scena l'1 e il 2 ottobre al teatro LAC di Lugano.
Io non ho avuto modo di vedere lo spettacolo dal vivo ma ho potuto ascoltare la diretta radiofonica andata in onda su Rete Due (secondo canale radio svizzero di lingua italiana).

I più anziani tra i lettori di "BroadwayWorld Italia" ricorderanno che nel 1992, per festeggiare un altro anniversario (cioè i 500 anni dalla scoperta dell'America) venne prodotto un film dal titolo "Il viaggio fantastico". Si trattava di un racconto del viaggio di Cristoforo Colombo in chiave comica e fiabesca, nel quale Colombo veniva rappresentato come un uomo goffo e pasticcione. L'obiettivo era rendere Colombo simpatico a grandi e piccini rendendolo protagonista di un'avventura decisamente romanzata e accantonando per un attimo la sua dimensione di serioso uomo di scienza.
Un'idea di partenza molto carina ma il problema era che il film era molto brutto. I personaggi erano poco interessanti, le sequenze che dovevano essere divertenti alla lunga diventavano irritanti e la storia nel complesso era stupida.

Perché ho citato questo film? Perché con "TeenDante" succede più o meno la stessa roba: si parte dall'idea di strappare Dante al mito per umanizzarlo e rendercelo più simpatico, che di per sé non è male (anche se il titolo "TeenDante" è davvero ridicolo) ma il problema è che lo spettacolo in sé è scritto male.

Tanto per cominciare il protagonista è qualcosa di già visto: un giovane artista che vuole sfondare ma è insicuro riguardo alle proprie capacità, teme l'invidia della gente, è incompreso e via discorrendo. Lo vediamo discutere con Brunetto Latini che lo invita a scendere a compromessi per diventare famoso e rifiutare di farsi aiutare da chicchessia perché vuole contare solo sulle proprie forze (e su questo punto si potrebbe discutere ma lasciamo perdere: non è la correttezza storica il problema dello spettacolo), lo vediamo discutere con sua sorella perché invece di portare i soldi a casa perde tempo a scribacchiare, lo vediamo preso in giro dai bulli del quartiere Dino Compagni e Lapo Gianni in quanto giovane inesperto e viene difeso da Guido Cavalcanti eccetera (tra l'altro un personaggio del genere potrebbe essere chiunque, Dante Alighieri come Gabriele D'Annunzio o Diego Armando Maradona).
Ma il vero problema è che il musical su questi concetti non molto originali ci insiste per delle ore. All'inizio, per esempio, Brunetto Latini passa qualcosa come dieci minuti a ripetere che per diventare famosi ci vogliono le conoscenze giuste mentre Dante continua a rispondergli che lui vuole contare solo sulle sue forze. E lo stesso accade quando Dante, poco dopo, discute con la sorella: dieci minuti buoni di discorsi sul fatto che la poesia non dà da mangiare a cui si contrappongono discorsi sul fatto che la poesia nutre lo spirito. Dopo un po' mi è venuto quasi spontaneo esclamare "Ho capito! Andate avanti! Dite qualcos'altro!".
È anche possibile che questi dialoghi non fossero davvero così lunghi ma mi siano sembrati tali perché sono scritti male. E oggettivamente lo sono, sono dialoghi che non fanno nascere alcun desiderio di continuare a ascoltare quello che i personaggi si dicono.

Le canzoni, poi, sono brutte. Ma brutte brutte. E non c'entra niente lo stile pop anni '80 scelto dagli autori, semplicemente non sanno di niente. I versi, quando non appartengono a Dante o a un altro poeta stilnovista, sono prosa, e prosa cattiva. Quando poi Santini sceglie di musicare un grande poeta del Trecento la situazione non migliora.
In effetti la poesia non è particolarmente valorizzata in questo spettacolo, per quanto per il 90% dei brani siano canzoni o sonetti stilnovisti musicati. I versi degli autori protagonisti dello spettacolo sono ripetuti vuotamente. Per tutto il tempo sentiamo Dante che afferma di essere il più bravo di tutti e Cavalcanti che lo conferma ma non c'è nessun vero motivo per cui dovremmo credere a questa affermazione. Non ci viene spiegato nel dettaglio chi è il personaggio di cui stiamo parlando e chi sono i suoi contemporanei, l'unico motivo per cui dovremmo credere che si tratta del più bravo di tutti è che a scuola ci hanno raccontato che è stato il più grande poeta della sua epoca.

Quindi abbiamo Dante che si aggira per il palco recitando (male) brani del suo "Vita Nova", un po' come fa Leopardi ne "Il giovane favoloso" - solo che in quel film c'era una logica, non è che il protagonista di punto in bianco si mettesse a declamare dei versi a caso - o che li canta. Ma in questo caso si ha l'impressione che chi li ha musicati non sapesse cosa stava musicando. Un esempio per tutti è il sonetto "Guido, i' vorrei che tu, e Lapo ed io" cantato su una musica incazzatissima che ricorda in modo inquietante "Tre passi avanti" di Celentano. WTF? A chi verrebbe in mente una musica del genere per un sonetto come quello?

Insomma, non mi è piaciuto.



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