BWW Versioni a confronto: SPRING AWAKENING

By: Nov. 16, 2014
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Il 12 novembre, al teatro Menotti di Milano, debutta il nuovo tour del musical "SPRING AWAKENING", con la regia di Emanuele Gamba e la direzione musicale di Stefano Brondi.
Lo spettacolo, al suo secondo anno di rappresentazione, è la trasposizione italiana dell'omonimo musical americano della coppia Sheik-Sater, vincitore di 8 Tony Awards nell'anno 2007.
Clicca qui per la recensione di BroadwayWorld della prima del 12 novembre.

Lo spettacolo si attiene strettamente all'originale di Broadway: il libretto è pressoché identico, così come i testi delle canzoni che sono stati mantenuti in inglese. L'universalità stessa dei temi trattati quali la sessualità, il conflitto con l'autorità, la violenza, la morte e la libertà rende lo spettacolo fruibile da qualsiasi tipologia di pubblico, indipendentemente dall'epoca storica e dalla nazione d'origine.
Ciò nonostante, sono presenti delle differenze tra le due versioni; differenze non casuali ma ben pensate ed ottimamente realizzate per rendere lo spettacolo più vicino alla cultura italiana e per aumentare l'impatto emotivo sugli spettatori.

Una prima e fondamentale divergenza si evidenzia già dai primi minuti dello spettacolo: l'ambientazione. La storia non si svolge nella Germania di fine Ottocento come nel musical originale - e come nella pièce di Franz Wedeking da cui questo è tratto - ma in piena epoca fascista. Lo spettatore viene catapultato in quest'epoca già dall'annuncio che precede l'apertura del primo atto, tramite il quale una voce solenne ed autoritaria, in pieno stile mussoliniano, invita gli spettatori a spegnere ogni dispositivo di registrazione e a godersi lo spettacolo.

La stessa scelta di mantenere i testi in lingua originale ha strette connessioni con l'ambientazione fascista e con il tema dell'opera: la ribellione giovanile.
Stefano Brondi, direttore musicale, parla di questa scelta come funzionale all'opera stessa: l'inglese era infatti una lingua di protesta, vietata durante il regime fascista, che i giovani usavano realmente contro il sistema. Al tempo stesso, l'inglese diviene sinonimo di incomunicabilità tra generazioni, in quanto i giovani ragionano "in una lingua diversa" dagli adulti.

Risulta quindi illuminante e chiarificatrice una battua, passata probabilmente in secondo piano, pronunciata dall'insegnante (Gianluca Ferrato) nel secondo atto durante la canzone "Totally Fucked": mentre Melchior (Federico Marignetti) canta le prime parole della seconda strofa, "Disappear - yeah well, you wanna try", l'insegnante recita all'incirca "Disappear? E' proibito l'inglese!".
Ebbene, questa frase va a sostituire quella che nella produzione del precedente tour era solo una battuta di spirito ed una rottura dell'illusione scenica - una battuta del genere: "Disappear? Ma che lingua parla?". E' un peccato, la frase calzava a pennello, ma forse una chiarificazione e una risposta al "perché avete tenuto i testi in inglese?" era necessaria.

Anche la traduzione dei testi è peculiare e mi sembra necessario spendere due parole a proposito: questa non è fatta "parola per parola" ma si limita a trasferire agli spettatori non anglofoni il senso generale del testo. Obiettivo nobile, senza dubbio, ma non sempre raggiunto a pieno: c'è una differenza abissale tra la frase pronunciata da Moritz (Flavio Gismondi) "I don't do sadness, not even a little bit" e la sua trascrizione "Io non sono la tristezza, la conosco bene".
E' anche vero che quello della traduzione è un ambito complesso e non si può pretendere di rendere esattamente il testo originale con la sua trasposizione in un'altra lingua. In ogni caso consiglio a chiunque voglia vedere questo spettacolo, perlomeno, di ascoltarsi le canzoni originali un paio di volte e farsi un'idea di ciò che effettivamente i protagonisti cantano - anche alla luce dei numerosi problemi di video che si sono verificati alla prima.

Un'altra differenza molto evidente riguarda la scenografia: rispecchia il carattere minimalista e simbolico dell'originale, ma si differenzia per l'utilizzo di una pedana rialzabile che scandisce i momenti fondamentali dello spettacolo, soprattutto l'inizio del primo atto alle prime note di "Mama Who Bore Me" e l'inizio di "Those You've Known", verso la fine del secondo atto.
Fondamentale è anche l'introduzione di una bicicletta, totalmente assente nella produzione originale, utilizzata durante le due "The Word of Your Body": nel primo atto da Wendla (Arianna Battilana) e Melchior e, nel reprise del secondo atto, da Hans (Renzo Guddemi) ed Ernst (Andrea Simonetti).
Se tutti gli oggetti scenici hanno un valore simbolico, la bicicletta incarna non solo la libertà ma anche l'ingenuità giovanile, l'amore tra adolescenti che scoprono il proprio corpo, amore libero e sincero non ancora deviato da una società opprimente come quella fascista e da una moralità corrotta come quella cattolica.

Ultima, ma non meno importante, è la presenza degli swing, cantanti non facenti parte del cast fisso dello spettacolo, disposti tra il pubblico e che contribuiscono alla realizzazione dei pezzi più strettamente corali quali "I Believe" o "Left Behind".
Anche questa una scelta azzeccatissima che riesce ad aumentare il coinvolgimento emotivo degli spettatori con una rottura della netta linea di demarcazione che divide la sala dalla scena.

Al di là delle scelte registiche, la vera linfa vitale dello spettacolo è costituita da un cast giovane e molto competente, qualità più unica che rara nel panorama del teatro musicale italiano. Ovviamente non si può pretendere di ritrovarsi davanti i nuovi Lea Michele e Jon Groff nazionali, dato che in questo ambito la distanza culturale tra l'Italia e gli Stati Uniti è direttamente proporzionale alla sua distanza geografica, ma ciò non toglie nulla alla forte preparazione dei ragazzi. Un occhio di riguardo va tenuto per gli interpreti di Ilse (Tania Tuccinardi), Otto (David Marzi) e Georg (Vincenzo Leone) che si distinguono per una potenza ed un controllo vocale notevole e rendono lo spettacolo qualitativamente più simile ad un revival.

Poche modifiche, dunque, ma essenziali per poter rendere a pieno il senso generale di uno spettacolo come "SPRING AWAKENING" che non necessita di correzione alcuna. Perché non si tratta soltanto di successo al botteghino o di otto Tony Awards vinti, ma si tratta di un capolavoro di musica e poesia che, anche e soprattutto in Italia, ha molto da dire e da insegnare.



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