Interview: GIUSEPPE VIGGIANO, legale rappresentante della Grandi Teatri Srl, parla della sospensione delle attività del GRAN TEATRO DI ROMA

By: Feb. 01, 2016
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Si apre male l'anno nuovo per il Gran Teatro di Roma: negli ultimi giorni il teatro, per problematiche di natura amministrativa con il Municipio XV, ha sospeso la sua programmazione per intero e rischia di chiudere i battenti.

Il Gran Teatro di Roma è da quindici anni un punto di riferimento per la cultura teatrale romana e nazionale, nato appositamente con l'intento di ospitare grandi spettacoli moderni, a partire da musical e opere popolari come il famoso "Notre-Dame de Paris". Con i suoi 3040 posti rappresenta il teatro più grande d'Italia e d'Europa, e i dati parlano chiaro: più di 1.100 repliche in scena dal 2002 ad oggi e più di 2.250.000 spettatori totali.

Tutte le attività del teatro sono attualmente bloccate ed entrando nel sito ufficiale lo sguardo è subito attirato dal comunicato stampa che recita: "A causa di problematiche sorte di recente con il Municipio XV, la Società Grandi Teatri Srl comunica la momentanea interruzione delle attività del Teatro fino alla risoluzione delle problematiche stesse." Sempre sulla home page del sito, a sinistra, un rettangolo rosso riporta la lettera aperta scritta da Giuseppe Viggiano, legale rappresentante della Grandi Teatri Srl, al presidente del Consiglio Matteo Renzi.

Noi di BroadwayWorld Italia siamo naturalmente vicini alla vicenda e abbiamo avuto il piacere di parlare direttamente con Giuseppe Viggiano per dare maggior chiarezza alla vicenda.


BWW: E' in corso, suppongo, un dialogo con il Comune di Roma e il Municipio XV per risolvere la situazione. Lei si ritiene fiducioso di risolvere questa questione nel modo migliore o teme un rischio reale di chiusura del teatro?

GV: Temo un rischio reale.

BWW: Pensa che una mobilitazione da parte della cittadinanza romana - o se possibile nazionale - possa incidere sulle decisioni amministrative?

GV: Non credo, il tema è molo semplice: la politica avrebbe potuto fare qualche cosa, non parlo di qualcosa di legale ma di tipo culturale. Il tema è principalmente urbanistico che ha portato a dei problemi di amministrazione "spiccia": la norma che ci riguarda in quanto teatro è la stessa che regola la costruzione di un palazzo o di un centro commerciale.

La politica, quindi, avrebbe potuto elargire delle norme specifiche perché un teatro tenda non venisse paragonato ad un albergo o un centro commerciale. In alcune città, come Milano (dove ci sono al momento tre teatri tenda) queste attività sono possibili mentre a Roma ciò non si può fare: quando questa situazione arriva alla burocrazia viene in qualche modo bloccata. Il Gran Teatro, in quindici anni di attività, non è mai riuscito ad avere un responso, le autorizzazioni sono sempre incerte e per queste ragioni un partner commerciale è difficile da legare. A Milano, invece, qualsiasi di queste strutture ha uno sponsor importante.

BWW: Le decisioni relative alle strutture teatrali dipendono quindi dalla realtà locale?

GV: No, esistono delle norme nazionali urbanistiche ma seguono sempre interpretazioni e ordinamenti diversi a seconda del contesto locale: è una situazione senza chiarezza o uniformità nelle amministrazioni. E ci sono dei comuni dove è ancora peggio. Negli ultimi anni abbiamo cercato moltissimi contatti con l'amministrazione comunale, ma nessuno ci ha dato delle risposte. E ora che all'amministrazione non c'è la politica ma un commissario tutti i nodi vengono al pettine.

BWW: Il Gran Teatro, ricordiamolo, è il teatro più grande d'Italia e d'Europa (3040 posti) e senza dubbio tra i più frequentati, tappa obbligatoria dei principali spettacoli teatrali che attraversano l'Italia. L'eventuale chiusura del teatro può essere interpretata come un sentore d'allarme nel mondo del teatro italiano?

GV: Ogni realtà è a sé, e la storia del Gran Teatro non fa eccezione. Roma ha 70 teatri di varie dimensioni, il Gran Teatro è uno degli ultimi ad essere nato ma ha subito avuto una grande importanza perché ha potuto ospitare grandi produzioni come i musical moderni (è nato infatti con "Notre-Dame de Paris") che sono difficili da ospitare in altre strutture. Al Brancaccio, ad esempio, queste devono ridurre la produzione, le quinte e le scenografie. Il Gran Teatro è stata la prima struttura a Roma che ha potuto ospitare questo tipo di produzioni.

Noi siamo in una zona periferica, che prima ospitava un campo nomadi abusivo. Il nostro è un teatro privato che è sempre esistito con investimenti privati, senza mai chiedere contributi. Questa struttura è stata in piedi in 15 anni, ha creato occupazione ed economia. Ci sono arrivati in queste settimane moltissimi messaggi da persone di varie parti d'Italia, lontane dalla nostra città ma che venivano periodicamente a Roma per vedere gli spettacoli. Questo dimostra che il teatro crea indotto: bar, personale tecnico, personale di sala, turismo. Non ultimo il fatto che molti giovani sono saliti sul palco del teatro, per cui opportunità lavorativa a tantissimi giovani.

BWW: Troppo spesso in Italia il mondo teatrale è stato messo in disparte, giudicato superfluo e sacrificabile. Pensa che il rilancio e l'investimento sulle attività teatrali possa essere un punto di ripartenza per il nostro Paese, tanto dal punto di vista culturale (ovviamente) quanto dal punto di vista economico?

GV: Sono stato per alcuni anni presidente di un'associazione di categoria per cui ho studiato il tema: gli investimenti nel mondo dello spettacolo hanno sui libri un moltiplicatore x3. Nella nostra realtà abbiamo però visto che questo è più di dieci volte dell'investimento fatto. L'investimento iniziale è stato di 3 milioni di euro, l'indotto diretto di biglietteria, bar, parcheggi eccetera ha portato a 38 milioni di euro sviluppati con le sole attività del teatro, senza considerare gli effetti del turismo. Non ti parlo di questi dati per ostentare gli incassi del teatro: della gran parte di questi non beneficiamo direttamente perché moltissime produzioni non sono nostre, il teatro ospita principalmente spettacoli esterni. Tuttavia l'indotto creato dalle attività teatrali è evidente.

Oltretutto, dal punto di vista economico investire sui teatri sarebbe anche conveniente: in un momento di crisi, un momento in cui bisogna rinascere, sviluppare e favorire la crescita di un'attività culturale ha costi molti più bassi di una grande azienda.

BWW: La prossima domanda è volutamente provocatoria: abbiamo parlato molto di cultura nazionale. A questo proposito, secondo Lei il teatro cosiddetto commerciale ha meno rilevanza culturale?

GV: Diciamo che è un po' la mutazione dei Paesi e del nostro Paese. Io sono convinto che in Italia abbiamo una grandissima tradizione musicale e teatrale da tutelare, ma bisogna allo stesso tempo aiutare un po' tutti. Cioè, penso che i fondi del FUS (Fondo Unico Spettacolo) non debbano andare al nostro teatro ma ad attività storiche che mirino al mantenimento della cultura e della tradizione, mentre altri fondi dei comuni o delle provincie debbano essere finalizzati ad altre attività. Bisognerebbe che all'interno di tutte le nostre amministrazioni ci fossero delle mission dedicate alla difesa delle tradizioni e altre allo sviluppo di nuove attività.

Questo vale anche per la parte degli autori che in Italia è penalizzata: non essendoci fondi a tutela e supporto di questa attività innovativa, c'è una certa povertà di prodotti nuovi. Non vedo giovani nei posti importanti delle nostre attività culturali in genere. Siamo forse un po' troppo legati alla tradizione e poco aperti alla novità.

Negli altri Paesi europei è completamente diverso: i veri protagonisti sono sempre più giovani e hanno spazio, strumenti e possibilità. Questo è fondamentale perché in alcuni settori senza un aiuto iniziale non c'è modo di partire.


Riportiamo di seguito la lettera aperta scritta da Viggiano al presidente del Consiglio Matteo Renzi, pregando i nostri lettori di leggerla e, se possibile, diffonderla.

LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO MATTEO RENZI

Caro Matteo,

è con grande rammarico che mi appresto a scriverti. Mi permetto di darti del tu perché sei più giovane di me e perché vedo le tue politiche molto vicine.

Voglio portare alla tua attenzione il destino del nostro teatro: il Gran Teatro di Roma. Non avendoti mai visto ad un nostro spettacolo vorrei raccontartelo brevemente.

Il Gran Teatro, è stato costruito sulla via di Tor di Quinto nel 2002, con l'utilizzo esclusivo di risorse private e, dopo 9 anni, nel 2011 è stato delocalizzato dal Comune di Roma nell'area assegnata a Saxa Rubra.

Con i suoi 3040 posti a sedere, è il teatro più grande d'Italia, con all'attivo numeri da record. Dal 2002 ad oggi sono state fatte oltre 1.154 le repliche, tra musical, concerti e pieces teatrali, a cui hanno assistito più di 2.230.000 spettatori. Inoltre, le sue particolari caratteristiche tecniche, consentono di ospitare grandi produzioni che altrimenti non troverebbero spazi adeguati.

La presenza del Gran Teatro, nelle aree periferiche di Roma, ha permesso la "bonifica" di territori soggetti al fenomeno di discarica abusiva, restituendogli decoro e prestigio, là dove, come nella seconda area, ha occupato uno spazio che in passato era un campo nomadi abusivo.

Oggi, a causa di problematiche sorte di recente con il Municipio XV, abbiamo dovuto interrompere le attività del Teatro e rischiamo la chiusura.

Non voglio entrare nel merito delle questioni amministrative, queste sono assurde e la cose è seguita dai legali, voglio, però, parlare dell'interesse del nostro paese per la cultura, per le periferie e per l'occupazione dei giovani.

Questi sono tutti temi centrali delle politiche del tuo Governo, ma che a Roma, da anni, le diverse amministrazioni fanno fatica a recepire.

D'esempio il fatto che, in questo ultimo anno e mezzo, andando in giro per gli uffici dell'Amministrazione pubblica, arrivava il "problema Gran Teatro": mi piacerebbe vivere in un paese in cui, un teatro privato, non sia un "problema" ma una grande opportunità.

Ritengo che, in questa delicata fase socio economica, occorra trattare alcuni settori della nostra società in modalità straordinaria: mi piacerebbe che alcune questioni fossero messe su binari preferenziali, e che possano essere aperte porte anche a spallate.

Per esemplificare la nostra situazione, oggi le leggi e gli ordinamenti del nostro paese equiparano la nostra tensostruttura ad un qualsiasi altro edificio commerciale e si intrecciano, a questo punto, temi urbanistici, amministrativi e burocratici.

Da 15 anni noi non facciamo altro che fare cultura, in una zona periferica della nostra città, senza chiedere alcun contributo pubblico.

Per fare questo, abbiamo compilato e sottoscritto faldoni pieni di carte, ho subito un processo penale per abusivismo edilizio (terminato con la mia innocenza), ed ora il Comune avanza una richiesta di quasi 1.200.000,00 euro per il pagamento di occupazione di suolo pubblico per 9 mesi di attività.

Sono combattuto tra il mettermi a ridere o mettermi a piangere, ma vince la mia natura e quindi sono semplicemente indignato!

Ritengo che, i recenti fatti di mafia capitale, contribuiscano ad una sfrenata "caccia alle streghe" e che quindi condizionino i comportamenti di tutti i funzionari e i burocrati delle nostre amministrazioni, centrali e periferiche, ma così il nostro paese non potrà mai ripartire.

È qui che deve intervenire il coraggio della politica e che ci deve essere l'impegno degli amministratori per rendere fattibile tutto quello che può portare bene all'Italia.

Non si tratta di infrangere le leggi, o cose simili, ma si tratta solo di applicare il buon senso e l'amore per il nostro paese. Si tratta solo di mettere i cittadini ed i cittadini imprenditori nelle condizioni di ripartire e di rialzare la testa.

La chiusura del Gran Teatro sarebbe una sconfitta, non solo per la città di Roma, ma per tutta l'industria culturale e creativa Italiana.

Firmato

Giuseppe Viggiano (legale rappresentate della Grandi Teatri Srl)



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